Rassegna di personaggi
Giovanni Lorenzo I, contemplato tra i Consiglieri di stato e di guerra di re Alfonso e di re Ferdinando D’Aragona. Instaurato e consolidato il dominio degli Aragonesi, Gianlorenzo Tabassi divenne Governatore Generale della Provincia d’Abruzzo, come si rileva da una copia di lettera scritta da Palermo, dal re Alfonso, sovrano che compensava la vera nobiltà, e che mostrò riconoscente stima nei suoi riguardi in una missiva del 28 marzo 1437 del tenore seguente:
“Abbiamo inteso con molta nostra allegria e letizia come Voi avete con tanta schiettezza e magnanimità governato la nostra provincia d’Abruzzo, di modo che tutti i nostri vassalli rendano testimonianza secondo la loro giusta relazione, non potendo mai mentire sulla prudenza e sapere anche la sua antica nobiltà tanto da tutti divulgata, verità questa da Noi conosciuta, mentre essa dagli antichi Conti di Zollerant trae la sua origine, dove Noi non lasceremo di ricordare, mentre viviamo i suoi buoni servigi, e le nostre obbligazioni, Dio vi conservi come Noi per molti anni.
Palermo, 28 marzo 1437. Il re Alfonso.
Al nostro molto amato e fedele consigliere Gianlorenzo Tabassi, conservi Dio”. 1
**Giovanni Antonio (1513-1572), barone di Castelvecchio nel 1550, ricoprì la carica di Sindaco nobile di Sulmona nel 1548 e in ricompensa dei servigi prestati alla Real Corona, potè godere di larghi privilegi. Ebbe in moglie Francesca Colombini di nobile famiglia sulmonese. Alla sua morte fu compianto dall’intera popolazione e fu sepolto nel 1571 nella cappella di patronato della sua famiglia presso la chiesa dei Padri Conventuali in Sulmona davanti l’Altare Maggiore, con la seguente iscrizione: 2
DOM
IO ANTONIO TABASSO
CUM PLURIMA RELIGIONE
VIRO
TUM EXIMIA IN SUOS BONITATE MIRAQ IN PAUPERES LIBERALITAS
CUM
EX TENUI ADMODUM CENSU
MAGNIFICAS DIVINO NUMINE STRUXISSET
INGENTI SULM POPULI LUCTU
RAPTO
POMPEIUS ET ANIBAL FILLI SCIPIOQ FRATER MAESTISSIMI
VIXIT ANNOS LVII OBIT PRIDIE ID APR
MDLXXII
**Scipione I (n.1515), figlio di Giovanni Lorenzo II, insieme al nipote Annibale fu familiare di re Filippo II come si legge dalla copia di Privilegio spedito da detto Sovrano il 19 febbraio 1574 e per i suoi grandi meriti di distinto cavaliere, ottenne molti privilegi ed esenzione di tasse, oltre che una scorta armata per propria difesa e l’esenzione dalla giurisdizione ordinaria, rimanendo soggetto solo al Luogotenente generale del Regno. Ebbe per moglie Sulpizia Colonna dei principi di Stigliano. Fu tanto apprezzato da meritare la “familiarità e la continua commensalità” da parte dello stesso re Filippo.
**Muzio (1548-1572), figlio di Benedetto, fece parte dell’Ordine dei Domenicani con il nome di Padre Pietro Martire. Egli considerando il pericolo in cui versava la sede domenicana in Sulmona, costruzione rimasta incompiuta e danneggiata dall’incuria e dal sisma, dedicò nel 1572 ogni risorsa per completare la struttura, come ricorda l’iscrizione posta sull’arco trionfale all’interno della navata centrale, sul lato sinistro della chiesa di detta sede: “D.O.M. – Questo tempio dedicato a San Domenico ricevemmo costruito dalla pietà di Carlo II e di Re Ludovico, e restaurato dalla pietà di Giovanni, i fratelli Eutruschi, per iniziativa di Gerolamo Arrigo Fiorentino, fecero restaurare per la terza volta, a cui l’eredità del fratello Pietro Martire Tabasso, le rendite annuali del Convento e le elemosine dei Sulmonesi, furono di aiuto cosicché l’opera intrapresa fosse portata avanti sino alla fine, nell’anno del Signore 1572”. Questo avvenimento inciso sulla lapide, ricorda come Padre Pietro Martire Tabassi fece ricostruire detto tempio col corrisponderne economicamente.
**Pompeo, fratello di Annibale e nipote di Scipione Tabassi, sposato con Delia Del Pezzo dei principi di San Pio e baroni di San Magno, fu anch’egli familiare e benemerito di re Filippo II molto onorato ed apprezzato come il tutto si può rilevare dalla copia di Privilegio di detto Sovrano del 19 febbraio 1574.3
Pompeo si dilettò, inoltre, nel coltivare la poesia volgare, tanto da essere considerato un precursore dell’Accademia degli Agghiacciati che stava fiorendo in Sulmona. Nella disposizione delle sue ultime volontà del 1589, lasciò alla Chiesa e Ospedale della SS. Annunziata 340 ducati per far maritare, ogni anno, due orfane e per vestire trenta poveri mendicanti.
Nel 1573 lo stesso Pompeo, con il fratello Annibale, ricevette nel suo palazzo il principe Giovanni D’Austria, figlio dell’imperatore Carlo V, mentre attraversò Sulmona per recarsi nella città dell’Aquila, dove era sua sorella Margherita che ne era governatrice. Il principe si trattenne come loro ospite per diversi giorni, assistendo alla festa che era solita celebrarsi nel giorno dell’Assunta, quando per le vie sfilavano i carri trionfali addobbati di confetti.
**Flaminio (1555-1609), figlio di Scipione, divenne famoso per la grande esperienza e passione delle armi tanto che nel 1603 fu Capitano della Nuova Milizia del Dipartimento di Chieti sotto il Governo del vice re e Capitano Generale il Conte di Benevento Giovannantonio Pimentel 4 come si vede dalla di lui patente registrata nella Scrivania di Razione il 28 ottobre 1603. Nell’epitaffio della sua sepoltura, esistente sulla parete destra dell’altare Tabassi presso la reale chiesa della SS. Annunziata in Sulmona, si legge: ”D.O.M. A Flaminio Tabassi per circa ventisei anni preposto al comando della milizia, sia a Triveneto che a Chieti, affinché goda l’eterna pace, nato prima di mezzogiorno del ventinove del mese di agosto 1555. Morì il giorno quattro del mese di gennaio 1609 al tramonto del sole. Giovannantonio Tabassi U.I.D. canonico e protonotario apostolico, nipote mestissimo, pose”.5
Avvocato letterato, oltre alla passione delle armi, Flaminio, fu il custode ed il maggior responsabile delle armi, che venivano conservate presso la SS. Annunziata di Sulmona che appartenevano ai cavalieri sulmonesi partecipanti ai vari tornei.
**Annibale junior (1583-1648), onorato da re Filippo IV di Spagna in qualità di regio “familiare e commensale”, mediante reale privilegio firmato in data 3 giugno 1626, dichiarandolo “fedele e diletto” al pari dei suoi antenati.6 Possedette molte rendite tra cui la baronia di Civitaluparella cedutagli dal barone Melucci con pubblico strumento del 1601. Nel 1628 divenne procuratore della SS. Annunziata, e come procuratore generale del principe Marcantonio Borghese, riscosse da tale Giulio de Vecchi la somma di 1.124 ducati in favore dello stesso principe. Nel 1630 divenne Governatore di Sulmona.7 Annibale ebbe due mogli: Giovanna Sanità e Caterina Trasmondi. Al pari dei suoi antenati gli si concesse di portare armi per propria difesa ed una scorta armata.
**Scipione junior (1599-1663), avvocato e letterato, amante delle armi e appassionato per i giochi equestri, vinse vari tornei cavallereschi a Sulmona e per ultimo, prima che questi giochi finissero definitivamente per mancanza di cavalieri disposti a combattere e rischiare la propria vita, nel 1643 vinse l’ultima Giostra Cavalleresca, guadagnando così il primo premio che consisteva in una medaglia d’oro munita di catena e con le lettere incise S.M.P.E. dello stemma di Sulmona (dal verso di Ovidio Nasone “Sulmo Mihi Patria Est”). In tale occasione, gli altri giostratori furono i nobili Gio.Battista, Camillo e Gio.Andrea Mazara, Gio.Giacomo, Francescantonio e Muzio Sardi, il cavaliere napoletano Scipione Aldana e Alfonso Sanità. I giudici furono Carlo d’Afflitto cavaliere napoletano e Giovanni De Capite, patrizio sulmonese. L’armatura ageminata d’oro che Scipione Tabassi indossava, fu conservata sino ad un secolo fa da Francesco Tabassi, del ramo di Sulmona, nel suo palazzo. Molti che a quel tempo ammirarono e apprezzarono questa corazza ne hanno conservato memoria. Francesco aveva anche un celebre ritratto di Scipione indossante la famosa armatura. In conformità di una lettera si ipotizza che la suddetta armatura sia stata venduta ad un inglese e portata probabilmente al Museo di Londra.
**Domenico Antonio senior (1632-1729), discendente in linea diretta dagli antichi signori Tabassi (e precisamente da Benedetto), barone di Musellaro nel 1659, si ammogliò con Donna Anna Ricci-Maffei, nipote cugina del Sommo Pontefice Clemente X. Per i suoi meriti di distinto cavaliere, era tenuto in così grande considerazione dalla regnante Dinastia Spagnola che, con Diploma Capitolino del 23 Marzo 1662, fu elevato al grado di Cittadino Romano nell’Ordine Senatorio e considerato al pari dei Patrizi. Questo Privilegio era esteso a tutti i rami Tabassi e a tutti i suoi discendenti in perpetuo.
**Teodoro Marcantonio (1636-1728), fratello del barone Domenico Antonio Tabassi espatriò da Sulmona ed andò a stabilirsi a Napoli, dove sposò Luisa Torno Aldana, ricca nobildonna di quella città e nipote del Generale spagnolo Juan de Aldana. Dopo la morte di sua moglie avvenuta nel 1709, Don Marcantonio rimasto vedovo, lasciò Napoli e fissò la sua dimora definitivamente a Capua. Anch’egli come suo fratello Domenico Antonio ottenne la Cittadinanza romana, con Diploma del 20 luglio 1663. Notizie di lui riferiscono che era annotato nei registri parrocchiali di San Giovanni dei Nobiluomini con il titolo di Patrizio di Sulmona.
**Diego o Indaco (1641-1697), visse per molti anni presso la Corte Pontificia romana, dotto e virtuoso soggetto al punto che fu ammesso nel 1667 quale conclavista nell’ elezione di Papa Clemente IX e dal medesimo nominato Conte Palatino e Cavaliere romano con grandi benefici tra cui quello di appartenere alla “familiarità papale”.
Fu Cappellano di re Carlo II che con Diploma spedito da Madrid il 26 agosto 1685, gli concesse a titolo di pensione la “Catapania” della città dell’Aquila, vita sua natural durante.
Inoltre il 22 aprile 1685, in risposta ad una lettera di Diego, dove si supplicava di ottenere una rendita ecclesiastica per il bene della Santa Chiesa e per il sostentamento suo e di altri fratelli poveri, lo stesso re Carlo spedì una missiva di questo tenore: “Mi è stato comunicato da Voi, Abate Don Diego Tabassi, mio Cappellano d’onore che Voi siete nella città di Sulmona, nel mio Regno di Napoli e che i vostri antenati mi hanno servito in guerra ed in pace con fedeltà e lealtà e particolarmente il reggente Merlini e Don Pompeo Tabassi, capitano di Fanteria, vostri zii e il barone di Musellaro Domenicantonio Tabassi, vostro cugino e Francescantonio Tabassi, vostro fratello germano che attualmente è qui con me per governare la città di Chieti. Nel mio Regno di Napoli tutti hanno consumato il loro patrimonio nel mio Reale servizio lasciando Voi e gli altri fratelli poveri, con pochi mezzi per il sostentamento. Essendo stato supplicato e considerando quanto mi è stato riferito, si è deciso di concederVi quello che appartiene al Regno di Castiglia per poter ottenere quattrocento ducati di rendita ecclesiastica, con il consenso del Regno Funta en Cortes, dispensato da qualsiasi ordine che proibiva quanto detto prima. Oggi dò e concedo a Voi, Abate Don Diego Tabassi, la licenza di venire e risiedere nei miei Regni di Castiglia – Leon e Granada per poter avere la quantità di quattrocento ducati di rendita ecclesiastica in benefici canonici o pensioni se qualche Chiesa, Cattedrale o Collegiata ne avesse bisogno.
Mando al mio Consiglio – Presidenti e Organizzatori, alla Cancelleria dei miei Regni che osservino e facciano osservare questa mia “Cedola” e ciò che contiene.
Dichiaro che io stesso a Voi Don Antonio de Benavides e Bacan, per grazia di Dio e della S. Chiesa di Roma e Patriarca delle Indie, Cappellano ed elemosiniere di Sua Maestà il Re mio Signore, del Suo Consiglio, del Commissario della Santa Crociata e rendiamo grazie in tutti i Regni e Signorie, Ordinario Ecclesiastico della Cappella Reale della casa di Sua Maestà.
Certifichiamo che Don Diego Tabassi, Cappellano d’onore di Sua Maestà, è un Sacerdote di buoni costumi e che, dal giorno in cui ricopre questo incarico, ha servito Sua Maestà celebrando la S. Messa nel suo reale Oratorio, facendo funzioni pubbliche nella Cappella reale e nelle Chiese con puntualità e perché consti là dove convenga che vada. Vi mandiamo la presente lettera firmata dalla Nostra mano e timbrata col timbro delle nostre Armi”.8 Diego Tabassi, inoltre, assieme ai fratelli Francescantonio e Giacinto, ottenne il 23 maggio 1662 la “cittadinanza romana”, concessagli dai nobili uomini Francesco Capizucchi, Achille Maffei ed Urbano Rocci, Conservatori del Comune di Roma. Diego fu pure Cappellano d’onore di Maria d’Austria ed ebbe facoltà di armare, in nome di detta Regina, cavalieri di tre ordini diversi: quello di San Giacomo della Spada, quello di Calatrava e quello di Alcantara.
**Giovanni Antonio II (1661-1736), figlio di Giovanni Lorenzo III e di Maria Tabassi. Questo ramo collaterale a quello dei baroni di Musellaro ebbe grande e notevole importanza storica perché produsse uomini illustri che lo rappresentarono in ogni tempo. Assunse corona, stemma e distinzione araldica dimostrando il proprio status nobiliare.Il sopra nominato Giovanni Antonio prese in moglie una sua parente, figlia di Francesco Antonio Tabassi, Donna Geronima (n.1686), la quale era erede universale dello zio Diego, come si rileva dal testamento del 6 aprile 1697. Da tale connubio, si desume la volontà di unificare i rami collaterali del casato per rafforzare i vincoli di parentela ed acquistare un maggiore prestigio.
Questo desiderio era espresso proprio nel testamento di Don Diego, che impose a sua nipote Geronima una condizione per acquisire la sua eredità: quella cioè di sposare un rappresentante di Casa Tabassi, e così fu. Giovanni Antonio e sua moglie Geronima vissero splendidamente, assieme ai loro figli, nel palazzo ereditato in via Mazara a Sulmona. I suoi discendenti, poi, si trasferirono a Celano e Pescina per passare, in seguito, definitivamente a Chieti e Lama dei Peligni dove tutt’ora risiedono.
Tra i figli di Giovanni Antonio è da ricordare suor MARIA GIOVANNA (n 1717), badessa delle Clarisse di Sulmona che, insieme alle consorelle, prima che in Sulmona fiorissero le varie industrie cofettiere, produceva in maniera artigianale i confetti. Ancora oggi suor Maria Giovanna è ricordata per aver ideato, per prima, il confetto ripieno di rosolio (specie di liquore).
**Filippo Antonio (1673-1753), che vestì l’abito di monaco celestino con il nome di padre Ramiro, assunse il ruolo di Abate Generale. Fu, inoltre, Docente di filosofia e teologia in varie Badie, tra cui Corropoli, Chieti e Campli, dove si spense nel 1753.
Nella riforma che fece il Sacro Supremo Consiglio nell’anno 1774 sulla Nobiltà di Sulmona, prima che questa fosse concessa in feudo perpetuo alla Casa dei Principi Borghese, la famiglia Tabassi si vede ascritta tra le famiglie di Nobiltà generosa che in quella città esistevano, come si fa chiara luce dal Certificato estratto dai libri del Governo di Sulmona. Prima ancora, nel 1574, ricalcando i Catasti del 1443, fu approntato uno speciale libro o registro in cui furono annotate le famiglie godenti nobiltà. Tra queste vi era la famiglia Tabassi alla quale, insieme solo ad altre sette famiglie nobili di Sulmona, spettava il titolo di “Nobile di Sulmona”.9
**Giovanni Lorenzo IV (n.1689). Protonotario apostolico, nel 1715 fu designato giudice del Sinodo diocesano che era stato convocato dal Vescovo Bonaventura Martinelli, dottore U.I.D. divenne consorte di Saveria Monti-Porcinari di nobile estrazione aquilana.
**Saverio Ciro (1705-1754), Cadetto del Reggimento Provinciale Campagna all’epoca di re Ferdinando IV. Mastrogiurato nel 1735 e nel 1740 e sindaco di Sulmona negli anni 1745-1752, contribuì alla stesura del Catasto onciario di Sulmona del 1754.
**Cristoforo senior (1759-1834), nipote di Giovanni Antonio II e Geronima Tabassi, nacque a Celano e prese in moglie Angela Maria dei marchesi Mazara di Sulmona. Egli, oltre ad aver ereditato il patrimonio paterno di Sulmona con l’intero palazzo Tabassi in via Mazara, le terre varie e le numerose fabbriche, in qualità di erede universale e particolare della zia, la baronessa di Prezza Maria Tomasetti, per testamento mistico di quest’ultima in data 24 agosto 1808 (vai al testamento), ereditò anche il ricco patrimonio dei baroni Tomasetti, le loro terre, i loro fabbricati ed il palazzo baronale di Pescina. Anche il feudo di Prezza gli sarebbe spettato, ma poiché la feudalità era stata ormai abolita, il feudo, come del resto tutti gli altri feudi, rimase un puro predicato nobiliare. La nobiltà ereditiera fu però conservata per cui Cristoforo Tabassi da quel momento in poi formò la sua Casa baronale facendo pubblico e pacifico uso del titolo di barone di Prezza senza aver mai chiesto il riconoscimento regio.
Anche molte altre famiglie, che godevano di titoli nobiliari con (motu proprio), non chiesero mai il Regio Assenso. La continuata attribuzione di titoli e trattamenti nobiliari dovette far sembrare, a queste, poco appetibile l’idea di raccogliere documenti per ottenere ciò che di fatto già si aveva, ossia il possesso pubblico e pacifico di uno status particolare, ancorché solo onorifico.
Quindi Cristoforo non chiese mai il Regio Assenso, né lo chiesero in seguito, i suoi discendenti. Il motivo dipese anche dal fatto che, nel 1815, rientrata la Dinastia Borbonica con Ferdinando IV re delle due Sicilie sul trono partenopeo, dopo il tramonto dell’astro napoleonico, questo ramo Tabassi, che meditava idee d’indipendenza, di libertà ed unità di patria, si era schierato, poco dopo l’eversione della feudalità, prima con i movimenti Carbonari e poi con i re napoleonici come Gioacchino Murat, per combattere e cacciare via dal Regno di Napoli la Casa Borbonica (ricordiamo gli eroi del risorgimento italiano Giampietro e Panfilo Tabassi, figli di Cristoforo ), ed in parte dipese, dalle vicende dolorose che la famiglia dovette affrontare negli anni che seguirono, per cui Cristoforo Tabassi ed i suoi si accontentarono di fare l’uso di detto titolo solamente in base al suo possesso pubblico e pacifico. Ancora oggi, questo titolo è rilevabile storicamente dai vari documenti prodotti nel tempo. Alla morte, che avvenne il 27 luglio 1834 il suo corpo venne tumulato nella chiesa di San Giovanni Battista a Celano.
**Domenico Antonio (1824-1893), barone di Musellaro sposato con Angela Teresa Tabassi, fu personaggio eminente di grande prestigio ed importanza. Sindaco nobile di Sulmona dal 1862 al 1865, fu socio promotore, insieme a moltri altri, del giornale “La Gazzetta di Sulmona”, giornale che divenne famoso per le rubriche di storia, di letteratura e finanza. Domenico Antonio si distinse, inoltre, per la “toponomastica e per le storie cittadine”. Nel 1876 fu eletto nuovamente sindaco di Sulmona fino al 1879.
**Raimondo, fu militare ai tempi di Ferdinando IV, prima nel Reggimento Agrigento, poi tra i Cadetti del Real Campagna, di cui potevano far parte solo cavalieri che avessero dato prova di vera ed antica nobiltà, secondo una legge dello stesso Re. Così in virtù di una Relazione (vedi pag. 315) potè far parte di quel Reggimento, fornendo le necessarie prove di generosa nobiltà. Dopo essersi congedato col grado di capitano, ritornò nella sua città senza lasciare discendenza.
- Diploma di Re Alfonso del 28 marzo 1437. F. Mugnos, (op. cit.), pag. 475. ↩
- I. Di Pietro, (op. cit.), pag. 143. ↩
- Privilegio di Re Filippo II del 19 febbraio 1574. ↩
- Patente del Vicerè e del Capitano Generale Conte di Benevento del 28 ottobre 1603, Registrata nella Scrivania di Razione. ↩
- F. Mugnos, (op: cit.), pag. 477- I Di Pietro, Memorie Istoriche Degli Uomini Illustri, pag. 62. ↩
- G. Campanile, (op. cit.), pag. 246 – I. Di Pietro, (op. cit.), pag. 152 – F. Mugnos, (op. cit), pag. 476. Privilegio di Re Filippo IV del 3 giugno 1626, registrato in Cancelleria. ↩
- Sardi de Letto 1972-83, I, pag. 123, nota 318. ↩
- Missiva di Re Carlo II del 22 aprile 1685, Archivio Tabassi, Dossier n. 3 ↩
- G. Rivera, Relazione storica della Nobiltà Civica o Patriziale della città di Sulmona, da pag. 53 a pag. 56. ↩