Il feudo di Prezza

Il castello di Prezza fu il primo dei quattro castelli sorti nella valle Peligna; gli altri tre erano quelli di Popoli, Pettorano e Pacentro. I primi feudatari di Prezza furono i Sansoneschi che, intorno all’anno 887, vendettero la terra di Prezza ai monaci benedettini dell’Abbazia di San Clemente a Casauria, conservando comunque il potere sul feudo sino al 1200 circa.

La terra fu teatro di contese in cui furono coinvolti anche i Normanni, finchè ai Sansoneschi subentrarono vari signori.

Nel 1305, era signore di Prezza il conte Rainaldi-de Letto, il quale diede in dote la terra del feudo alla propria figlia Gemma, andata in sposa al duca di Popoli Giacomo Cantelmo, che divenne così il nuovo feudatario.

Nel 1580, Domenico Antonio De Sanctis, già barone della vicina Roccacasale, acquistava dai Cantelmo i diritti feudali ed i beni della terra di Prezza.

Nel 1626, il nobile capitano Eliseo Grazia sposò Margherita De Sanctis, figlia del barone Domenico Antonio De Sanctis, ricevendo in dote il  medesimo feudo.

Nel 1690, il figlio di Eliseo Grazia, e cioè il barone Giuseppe, diede in moglie la propria figlia Giovanna al nobile dottore U.I.D. Marino Tomassetti di Pescina, che subentrò quindi nei diritti feudali. Tali diritti furono così trasmessi ai suoi discendenti fino ad arrivare alla baronessa Maria Tomassetti, ultima intestataria del feudo di Prezza, fino all’eversione della feudalità che avvenne nel 1806. (segue in fondo). ***1

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PREZZA – Palazzo baronale e cappella di S. Giuseppe con stemma e iscrizione.

 

Testamento mistico della baronessa di Prezza Maria Tomassetti a favore del nipote Cristoforo Tabassi, unico e solo erede testamentario, capostipite del ramo Tabassi di Pescina, Chieti e Lama dei Peligni. 2

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INTESTAZIONE FEUDALE ALLA B.SSA DI PREZZA, MARIA TOMASSETTI.

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***Dopo la morte della baronessa Maria Tomassetti, il Feudo di Prezza sarebbe spettato a Cristoforo Tabassi (unico e solo erede testamentario), ma poiché la feudalità era stata ormai abolita, il feudo, come del resto tutti gli altri feudi, rimase un puro predicato nobiliare. La nobiltà ereditiera fu conservata per cui Cristoforo da quel momento in poi formò la sua Casa baronale facendo pubblico e pacifico uso del titolo di barone di Prezza senza però aver mai chiesto il riconoscimento regio. Anche molte altre famiglie, che godevano di titoli nobiliari con (motu proprio), non chiesero mai il Regio Assenso. La continuata attribuzione di titoli e trattamenti nobiliari dovette far sembrare, a queste, poco desiderabile l’idea di raccogliere documenti per ottenere ciò che di fatto già si aveva, ossia il possesso pubblico e pacifico di uno status particolare, ancorché onorifico.

Quindi Cristoforo non chiese mai il Regio Assenso, nè lo chiesero in seguito, i suoi discendenti. Il motivo dipese anche dalle vicende dolorose che la famiglia dovette affrontare negli anni che seguirono e molto dipese dal fatto che, nel 1815, rientrata la Dinastia Borbonica con Ferdinando IV Re delle due Sicilie sul trono partenopeo, dopo il tramonto dell’astro napoleonico con Gioacchino Murat,  questo ramo Tabassi, che meditava idee di indipendenza, di libertà ed unità di patria, si era schierato, poco dopo l’eversione della feudalità, prima con i movimenti Carbonari e poi con i re napoleonici, per combattere e cacciare via dal Regno di Napoli la Casa Borbonica (ricordiamo gli eroi del risorgimento italiano Giampietro e Panfilo Tabassi, figli di Cristoforo) per cui Cristoforo e i suoi discendenti si accontentarono di fare l’uso di detto titolo solamente in base al suo possesso pubblico e pacifico.

  1. Don Settimio Ottavi, Prezza, Tipografia Qualevita, TORRE DEI NOLFI (AQ), 1992, pag. 15 – 26.
  2. Notaio Filippo Buccella, Testamento del 24 agosto 1808- Busta 241, Vol. IV, anno 1815 pag.93, Archivio di Stato dell’Aquila.

 

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