Il ramo d’Abruzzo e la signoria di Sulmona (1235) – L’Esilio
Intorno al 1220-1225 l’imperatore Federico II di Svevia, figlio di Enrico VI, era impegnato nel riordinare il Regno di Sicilia ereditato dai Normanni. Dalla Sicilia si volse verso i Comuni dell’Italia centrosettentrionale che avevano ripreso la politica autonomistica, nell’intento di ridurne le autonomie, sottometterli e costringerli a riconoscere la sovranità imperiale. In una delle spedizioni che il sovrano compì in questo periodo, giunse in Abruzzo VALERIO Tabassi, figlio terzogenito di Landulfo.
Secondo lo scrittore Mugnos, il detto Valerio, che aveva assunto anch’egli la carica di primo Maggiordomo, in ricompensa dei suoi distinti servigi militari resi all’imperatore Federico II, ottenne la Signoria della città e del Castello di Sulmona, per sé e per suo figlio Federico, così come si legge nel seguente Decreto Imperiale, riportato dallo stesso Mugnos:
“Imperatore Federico Secondo, Cesare dei Romani sempre Augusto etc.
Al nobile soldato Valerio Tabasso nostro Maggiordomo fedele e diletto.
A noi sono noti non solo i molti servigi portati in ogni tempo da te e dai tuoi predecessori a Noi e ai Nostri predecessori, ma anche l’antica Nobiltà tua e di Quelli, la quale trasse la sua origine in Germania dai Conti di Zollerant e ugualmente da Aldemaro del Castello Tabasso in Svevia, fedelissimo Barone e consigliere del Serenissimo Imperatore Federico, Avo Nostro di felice memoria e tesoriere, tutta la sua posterità prese il cognome di Tabasso. Ci sembrò opportuno dare a te, in compenso dei soprannominati servigi, concedere il Castello con la totale amministrazione di tutta la città di Solmona ed il comando mero e misto per tutta la tua vita e al figlio tuo Federico vita natural durante, in seguito; secondo il nostro regio ed imperiale beneplacito”.
Magonza 29 marzo 1235. 1
Pertanto Valerio Tabasso, nel 1239, prese possesso della città di Sulmona e lì stabilì la sua Casata con magnificenza e splendore, nella più importante città d’Abruzzo di quel tempo. Nell’Opera di Francesco Sardi de Letto dal titolo “La Città di Sulmona – Impressioni storiche e divagazioni” al vol. I° pag.121 sono elencati alcuni nomi di Principi che si susseguirono nelle Signorie di Sulmona. All’inizio dell’elenco si accenna a due Capitani di ventura. Potrebbe trattarsi proprio di Valerio Tabassi a cui fu concesso, insieme a suo figlio, il titolo di Signore di Sulmona dall’Imperatore Federico II° come risulta dalla medesima Relazione, già precedentemente accennata, della Real Camera di Santa Chiara dell’8 agosto 1767 fatta a Sua Maestà il Re di Napoli Ferdinando IV in occasione del fatto che Raimondo Tabassi, del ramo di Capua di cui si parlerà in seguito, volle far parte dei Cadetti del Reggimento “Real Campagna”, di cui potevano far parte solo cavalieri che avessero dato prova di vera ed antica nobiltà, secondo una legge dello stesso re. Così, in virtù di questa relazione, Raimondo potè far parte di quel reggimento. La Relazione della Real Camera di Santa Chiara fatta a Sua Maestà Ferdinando IV, è conservata nel mio archivio privato in copia autenticata da Notaio (vedi pag.317). 2
Tale notizia, inerente la concessione di Sulmona in Signoria, non trova immediato riscontro storico, poiché la città a quell’epoca risultava di regio demanio e non concessa in feudo. E’ da considerare, però, che verso il 1200 il governo civico interno di Sulmona era mantenuto da capitani del re. In altre parole, nelle lotte di parte, il vincitore lasciava libertà di governo a coloro che lo avevano servito, delegando loro il potere.
Infatti Federico II, nel 1229, punì duramente Sulmona per le turbolenze verificatesi, sottoponendola, in seguito, a pesanti tributi fiscali a sostegno delle proprie campagne di conquista.
Se si considerano tali situazioni, è ipotizzabile che un potere più o meno temporaneo sia stato esercitato in Sulmona da Valerio Tabasso, in qualità di fedele compagno d’armi dell’imperatore.
Valerio ebbe due figli: FEDERICO, già nominato e ALBERICO, che si dimostrarono poi gloriosi in guerra al seguito di re Manfredi e di Corradino di Svevia, per cui è da ritenere che i Tabassi parteggiassero per gli imperiali e prendessero le armi contro Carlo I d’Angiò, anche per la provenienza della loro famiglia. Estinti gli Svevi ed essendosi i francesi insediati stabilmente nel Reame di Napoli, i seguaci del vecchio regime furono perseguitati. Tra di loro erano compresi Federico ed Alberico Tabassi, costretti a fuggire e a dirigersi verso Venezia.
Richiamati in seguito da Carlo II d’Angiò, per effetto dell’Indulto di perdono emanato dallo stesso re in favore dei Sulmonesi, dietro richiesta di Papa Celestino V, i Tabassi tra il 1294-1295 rientrarono in patria e dopo qualche tempo, adempiuti molti dignitosi incarichi militari, ottennero la grazia di quel re iniziando uno stretto rapporto di fiducia con gli Angioini.
Reintegrati nei loro possessi del regno, i Tabassi ottennero nuovi favori durante il regno di re Roberto (1309-1343). I cavalieri GIOVANNI-ANTONIO e BERARDO, figli di Federico, si distinsero per virtù e valore nelle loro gesta militari.
A re Roberto successe la nipote Giovanna I, e CARLO Tabassi, cui fu imposto tale nome probabilmente in onore di Carlo II d’Angiò, assunse a corte la carica di Gran Consigliere di detta regina.3 Tale titolo gli fruttò ulteriori donativi, per i servigi prestati da lui e dai suoi antenati alla Corona di Napoli, tra cui era compreso il feudo di Pacentro. I suoi figli BERARDO e MASULLO, ed il figlio di quest’ ultimo, MARINO, furono magnanimi capi delle imprese militari di re Ladislao (1386-1414). Si può ipotizzare che Masullo e Marino furono i primi Tabassi a rientrare in Sulmona dopo l’esilio sulla scia dei loro avi Valerio e Federico, capostipiti della famiglia Tabassi di Sulmona, ed entrambi succedettero anche nei feudi e nelle Terre del loro padre.
I predetti godettero la stima di re Ladislao, il quale li dichiarò, con un privilegio del 1413, suoi “familiari fedeli e diletti”4 con tutti gli onori, dignità e prerogative annesse e per provvedimento dello stesso re, per qualche tempo, ressero ancora una volta la loro patria in Sulmona. I Tabassi alla fine del XIV secolo erano dunque rientrati ed ebbero numerose e lussuose residenze in Sulmona. Due secoli dopo, nel 1670, acquistarono tramite permuta il più famoso palazzo gentilizio di via Ciofano recante una targa con la data 14495.
QUADRO SINOTTICO TRA PERIODO STORICO E RESIDENZA DEI PRIMI TABASSI CONOSCIUTI
- Decreto Imperiale di Federico II del 29 marzo 1235. F. Mugnos, (op. cit.), pag. 474. ↩
- Relazione della Real Camera di Santa Chiara dell’8 agosto 1767. Notaio Francescantonio Spada, Istrumento pubblico del 27 agosto 1815 (vedi pag. 317 del Libro al cap. 6) ↩
- I. Di Pietro, Memorie Istoriche Degli Uomini Illustri, pag.62. ↩
- G. Campanile, Notizie di Nobiltà, Archivio Famiglia Tabassi, Pag.246. F. Mugnos, (op. cit.), pag. 475. Privilegio del Re Ladislao del 10 gennaio 1413, registrato in Cancelleria. ↩
- R. Carrozzo, Banditismo e Nobiltà all’ombra di Palazzo Tabassi in “Scripta et scripturae, Contributi per la storia di Sulmona”, a cura di E. Mattiocco, Lanciano, Editrice Itinerari, 2002, pp. 5-38. ↩